Dal Sultano al Cioccapiatti nel giro di tre anni, così era finita la Fortitudo… Meno male che, proprio sull’orlo del crac e dello sfacelo totale, era arrivato Bandini, il re del tortellino…
Potrebbe essere il passaggio chiave di un editoriale di un importante quotidiano sportivo, che narra le vicende di una delle tante gloriose squadre di basket che parevano perdute, poi riacciuffate per i capelli prima della sparizione, salvate da un imprenditore voglioso dall’onta del fallimento e rimesse in piedi in un modo o nell’altro. Un editoriale scritto da uno bravo, magari uno di quelli che firmavano una volta le colonne dello sport a Bologna, tipo Egidio, Bottura, Fuochi, oppure Marrese, quelli che dicevano le cose come stavano, senza farsi fregare da nessuno. E infatti è così, è proprio Emilio Marrese l’autore di quelle righe. Peccato però per i tifosi dell’Aquila che non le si trovino su Repubblica, peccato che non siano cronaca, ma solo lo stralcio di una bella favola di un libro che s’intitola Il terzo scudetto. Peccato sia solo narrativa.
La narrativa distrae, nel senso buono del termine; è relatrice di sogni, coadiuvante di fantasia, compagna di fuga da realtà scomode. Ma la fuga non è oggi, il sogno non è qui e allora lasciate ogni speranza o voi che entrate in questo articolo, perché la realtà è inesorabilmente diversa da una Fortitudo da favola e grida in faccia alla narrativa che il re del tortellino non esiste, non c’e mai stato, non ha salvato nulla; esiste quello delle patate, Giulio Romagnoli, il quale ci aveva lasciato, in un passato che può essere considerato tutto tranne che remoto, ai discorsi sulla pari dignità tra tifosi di Biancoblu e Eagles, ai percorsi comuni, alle possibili riunificazioni; ai, comunque vada, le due squadre finiranno la stagione, agli a fine anno le chiudiamo entrambe e rinasce la Fortitudo. Era l’uscita del Tribunale di Bologna dopo l’asta con cui si era aggiudicato la società denominata Fortitudo Pallacanestro già Eagles. Era il 16 ottobre del 2012, ossia tre mesi or sono, ossia una vita fa.
Già, Eagles. Quella che, confutabile o meno dal cuore di un tifoso, la giustizia civile aveva indicato come prosecuzione della Fortitudo. Eagles è stata chiusa. Chiusa dai suoi stessi acquirenti perché, a detta loro, erano all’oscuro della reale situazione economica in cui gravava la società, come se fosse possibile o anche solo credibile che qualcuno possa acquisire un bene, una società, un’attività, piccola, media, grande, senza averne controllato preventivamente i conti in maniera capillare. Chiusa per non aver pagato debiti federali, perché la precedente proprietà non aveva fornito in tempo i relativi bollettini. Chiusa e basta, forse solo perché, in un contesto di investimenti triennali che ormai sfiorano quelli che avrebbero salvato la vecchia 103, davvero non ci sono più soldi o forse – è questo è il vero timore – per togliersi di mezzo una scomoda alternativa. Sta di fatto che, per l’ennesima volta, nonostante la disponibilità di facciata ad essere recettivo, le scelte effettuate dal Presidente di F2011 sono state inversamente proporzionali alle richieste fatte da una parte della tifoseria, quella che non era salita sul treno del suo progetto, quella rimasta indietro, o forse andata troppo avanti, dipende dai punti di vista.
E così avanti si va ancora a modo suo, aspettando gli eventi. Eventi che ogni giorno cambiano sembianze, si mescolano, evolvono e rientrano, si modellano e si amalgamano, sballottati in qua e in là da dichiarazioni d’intenti sempre in contrasto tra loro.
Un giorno si parla di riottenimento del codice 103, di Petrucci che ci sta, di assegnazione di wild card; un altro giorno è vedremo; poi si parla di contenitore nuovo e di codice vergine (proprio quello richiesto all’assemblea del Benassi quasi tre anni fa, proprio quello di Eagles), poi se ne esce La Guardia, consigliere che conta dentro alla federazione, a dire che la BBB sarà la Fortitudo già a febbraio, con Romagnoli che non smentisce e che addirittura durante la partita casalinga contro Imola nel giorno della Befana, si lascia scappare un “Questa sarà la Fortitudo”; poi il giorno successivo di nuovo rientra, il progetto non è quello e torna a parlare di contenitore vergine, mentre si sparge la voce che da Roma vogliono che le tasse di Eagles vengano pagate, come se, in un paese che si definisce civile, non dovesse essere la normalità. Il tutto in un clima di ciclici appelli per l’allargamento della base sociale per una squadra che viene definita un patrimonio da salvare della città.
Che la situazione sia complessa, non è necessario richiedere il bilancio di F2011 (che è pubblico) alla camera di commercio. Anche un osservatore distratto nota che la Biancoblu è l’unica squadra di Legadue senza sponsor, che il rapporto incasso/spettatori ha qualcosa che non va (e uno meno distratto sa che nella stagione 2011/2012 i numeri parlano di 2744 spettatori a gara, per 228.012 euro d’incasso, che fa 6 euro a persona), e che, soprattutto, è il clima che si respira al palazzo che non è quello che ha fatto innamorare la gente. E poi ci sono alcuni assunti che cozzano con i principi cardine della fortitudinità, che vengono invece sbandierati con orgoglio dai tifosi che invece quel treno lo hanno preso, come contraltare della sanguinosa era Sacrati, il primo dei quali è quello per cui chi mette i soldi decide a prescindere e gli altri accettano. Valori, progetti, ripristino della legalità, ammesso che sia effettivamente così, paiono termini che hanno scalzato con decisione appellativi che da sempre erano il nocciolo dell’animo fortitudino, quali orgoglio, cuore, senso di appartenenza, incitamento ovunque e comunque. Avere o essere, l’essenza della differenza stava tutta lì, spazzata via come un cancellino sulla lavagna.
Dicono che nella vita bisogna sempre essere costruttivi e mai distruttivi, che occorre dare soluzioni, non problemi. Secondo chi vi scrive, rebus sic stantibus, dopo la chiusura di Eagles, il primo passo da fare per provare a ricucire, per dare applicazione al decantato principio della pari dignità tra tifosi, è chiudere BBB a fine stagione, senza se e senza ma, riconsegnando in federazione il codice di affiliazione di Ferrara. Che BBB sia la nuova Fortitudo dovrebbe essere la cosa da escludere a priori. E dovrebbero essere proprio gli stessi tifosi BBB a richiederlo a gran voce al suo Presidente, perché altrimenti si perderebbe definitivamente un patrimonio di tifo di valore inestimabile.
Quel tifo, quell’unione di un palazzo che si accendeva come un fuoco grazie a una miccia che non c’è più, che era il vanto di un popolo intero, che era la forza di un insieme che forse mai più ritornerà, perché lo tsunami che ha travolto il mondo fortitudino ha provocato una sorta di effetto Alzheimer, portandosi con sé il ricordo di ciò che la squadra con la Effe scudata sul petto rappresentava.
E se è davvero questa la realtà che ancora oggi, dopo tre anni, schernisce tifosi stanchi, tristi e disillusi, sempre più in guerra tra loro, allora è forse meglio tornare a rifugiarsi nel sogno. Sogno narrativo, sogno fantascientifico, sogno agitato, che parla di un re che non è quello del tortellino, ma proprio quello delle patate. E’ lui che fa scelte fortitudine, che smette di tirare per la giacca gente che la giacca non l’ha mai messa, che mette in atto soluzioni popolari. Non perché i soldi li mette lui, ma perché ci tiene. Ci tiene a tutti, indistintamente. Essere e non avere. Eccolo allora il terzo scudetto, che non ha le forme di un tricolore vinto sul campo, ma quelle di una degna e sofferta riunificazione di tifosi, avendo tenuto conto delle posizioni di ognuno di loro. Il futuro è lì, alle porte di un presente ancora fumoso e, soprattutto, a troppi pochi passi da un passato che non si cancella con un cambio di nome, ma solo con un pesante, deciso, inconfutabile colpo di spugna. Si riparte da zero. Dove, ce lo diranno.
Ma tu ci hai mai pensato una volta sola, anche per scherzo, come sarebbe se davvero un giorno la Fortitudo scomparisse? Se metti caso fallisse o chiudesse tutto il basket o insomma se la cancellassero all’improvviso dalla faccia della terra? Via, zero, nulla, sparita, sbriciolata da un meteorite. Io qualche volta me lo sogno anche di notte, sai? (Emilio Marrese, Il terzo scudetto).
Filippo Venturi
Complimenti. Lucido, equilibrato, propositivo. Non avrei saputo fare meglio
…. eppure, leggendoti, sembra tutto così chiaro, così semplice che sembra impossbile non capire da dove arriviamo, a che punto siamo ma soprattutto dove stiamo rischiando di precipitare.
In un film saremmo il buono attaccato ai rami di un albero a penzoloni su di un dirupo di cui non si vede il fondo … a questo punto (nel film) arriva sempre qualcuno … un amico, l’innamorata, il cavallo … rin tintin .. lessie … a salvare il buono finito in situazione di sfiga … nel nostro caso è arrivato joker … o la bambola assassina che con un ghigno satanico ci guarda negli occhi mentre tenta di segare le radici che ci tengono ancora (ma a fatica) in salvo
il bavoso Mingardi direbbe…. a son sfighè d’una sfiga .. che sum casca l’usel par tera am rimbalza in tal cul … complimenti per l’articolo non si poteva fare di meglio …(le mie scuse per gli errori inevitabili del mio improbabile dialetto bolognese)